Quando arrivo da Riccardo Astolfi, a Coriano, sulle colline riminesi, il cielo è grigio e il giorno si annuncia ventoso. "Stanotte il tempo ha fatto il matto" esordisce Riccardo, e quindi senza stivali a portata di mano, l'avvertimento è preciso: "ti infangherai le scarpe". Pazienza.
Per fortuna gli agretti sono ancora in serra e il terreno è duro, sodo, non eccessivamente molle. Scendiamo dalla sua 4x4. Le serre sono allineate una a fianco all'altra; poco distante da noi stanno raccogliendo gli agretti.
Il primo impatto della serra degli agretti è di essere davanti ad un prato. Un bel prato verde, con l'erba un po' alta, ma non più di tanto. Poi quando ti pieghi e guardi meglio, vedi una massa di fili
verdi, lucidi, appuntiti, di lunghezza abbastanza uniforme.
Gli agretti hanno diversi nomi, a seconda del territorio di coltivazione o di consumo: Barba dei frati e Barba del negus a Bologna, bacicci in Liguria, lischi o liscari in Romagna, agretti in Toscana e nel Lazio, riscoli in Umbria, rospici nelle Marche e poi ancora soda, finocchi di mare, miniscordi, senape dei monaci. Il nome agronomico è Salsola soda, ed è una delle poche specie di salsola comunemente utilizzate in cucina, assieme a Salsola komarovii, molto utilizzata nella cucina giapponese.
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Si narra che a Venezia, con le ceneri di "Salsola soda", ricche di carbonato di sodio e di potassio, si produceva artigianalmente il vetro e in effetti queste piante venivano coltivate in piena Laguna, per dare la materia prima alle vetrerie della città. Riccardo mi mostra come si raccolgono: con due dita prende la piantina alla base e l'estrae dal terreno, con grande facilità, senza strappare. Ogni singolo agretto ha una radice non molto lunga, 7/8 cm, e la terra si scrolla subito. Di strappo in strappo, si confezionano dei mazzetti tenuti insieme da elastici e poi riposti nelle cassette.
In un'ora in media si raccolgono 17/20 kg di prodotto, meno quando all'inizio della raccolta le piante sono più delicate e fragili. Gli agretti vengono seminati in serra in dicembre, a febbraio in pieno campo.
La semina avviene a spaglio e per ettaro occorrono 1000 kg di seme. Una diversa modalità a quanto pare non è stata ancora sperimentata con successo e quindi ci vuole molta quantità.
Dopo tre mesi gli agretti in serra sono già pronti per la raccolta mentre in pieno campo bastano un paio di mesi. Ai primi caldi la pianta cresce vigorosamente e va a seme, come si dice in gergo.
Riempiamo una cassetta e la carichiamo in auto, prossima destinazione il magazzino di lavorazione.
Quando gli agretti arrivano in magazzino, i mazzetti di agretti, legati alla radice, vengono immersi con le mani nell'acqua, si muovono delicatamente per togliere la terra rimasta sulle radici, e poi
riposti nella cassa per far defluire l'acqua in eccesso e farli asciugare.
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La confezione è differenziata a seconda della destinazione: all'ingrosso, al dettaglio, alla grande distribuzione. Se sono venduti "sfusi", gli agretti vengono riposti nelle cassette di plastica allineati, per offrire alla vista il loro dorso, mentre le radici rimangono sotto. Oppure vengono cimati e messi in piccoli coni di polietilene marcati Agribologna, per dare loro maggior valore o ancora, sempre cimati, nelle vaschette di cartone della linea Questo l'ho fatto io, corredati di una ricetta dedicata e dell'indicazione del produttore, del suo nome, della sua sede e soprattutto con la sua faccia!
Una particolarità questa che assicura il consumatore sull'origine del prodotto: chi lo fa produce e in quale territorio. A casa per pulirli, si impugnano filo per filo di agretto nel punto in cui diventa radice si spezza con un colpo secco. E’ un lavoro più lungo rispetto al taglio con il coltello, ma il risultato è decisamente migliore. Gli agretti sono una tipica verdura italiana, mediterranea.
In passato non era sempre facile trovarla nei negozi, in quanto si tratta di una verdura particolare, oggi si dice “di nicchia”, ma in molte zone d’Italia è tipica di alcune ricette tradizionali, in cui entra come ingrediente principale. Hanno un sapore pungente e possono essere cucinati come una verdura di contorno, (tipo aglio, olio e peperoncino, se vi piace), oppure come ingrediente di primi piatti, frittate e torte salate.
O anche per un risotto vegetariano come mi suggerisce Riccardo Astolfi.
Prendiamo nota.