La passione si sa, arriva quando meno te l'aspetti, è un'esplosione di euforia che ti contagia e dalla quale fai fatica a staccarti, ma che va anche coltivata, curata, coccolata e Paolo Roversi lo fa davvero: per la riccia e scarola, due tipi di indivie fra le più rinomate e pregiate nel variegato mercato delle lattughe e verdure a foglia.
È una passione che ha radici lontane nel tempo. Questo è il suo racconto.
"Noi le abbiamo sempre coltivate, diciamo che le ho sempre viste nei campi e in casa fin da quando ero bambino. Mio padre, già nel primo dopoguerra, nel 1946, aveva iniziato a coltivarle. Allora avevano il podere nella zona San Donato, non molto lontano dalla sede di Agribologna e di altri soci della cooperativa, di cui è stato fondatore."
"Fu negli anni '50, inizio '60, che i miei si trasferirono fra Granarolo e Budrio, più precisamente fra Santa Brigida e Santa Maddalena di Cazzano, terra adattissima per coltivare ortaggi ma sopratutto le indivie riccia e scarola. Nove ettari e una gran voglia di lavorare. Oltre agli ortaggi c'erano la stalla, il pollaio, la vite e la frutta, poi nel tempo solo verdura."
Paolo viene instradato agli studi, questa vita da contadini, pensano i genitori, va riscattata e modificata in senso moderno. Negli anni '50 e '60, andare a scuola significava questo. Paolo va all'istituto tecnico e diventa perito elettrotecnico. Ma come altri suoi colleghi coetanei, la campagna è più forte dell'officina.
Da allora la sua vita è scandita dalle stagioni, dall'alba e dal tramonto, dalla sveglia in piena notte, quando molti vanno a dormire, per andare al mercato, a tarda sera quando i prodotti sono caricati sul camion, pronti per il nuovo giorno.
Di notte il mercato e di giorno i campi. Così era allora e così è adesso.
"Ancora oggi, verso le due di notte vado di persona al mercato, alcune mattine più tardi, ma non manco mai. Sono fisso negli stand, come i venditori. E' una mia passione come la scarola e i prodotti che produco."
"È
il contatto con i clienti che mi prende, racconta Paolo, con il popolo del mercato, variegato e variopinto, indolente che ciondola da uno stand all'altro, sapendo già tutto ma facendo finta di non sapere niente, per il gusto di intrecciare l'ennesima trattativa sul prezzo su una partita di zucchine o di lattuga o di patate."
I commercianti sono fatti così. È
un'esperienza ricchissima sul piano umano a cui Paolo non rinuncia mai ancora oggi, che potrebbe anche permettersi di dare i prodotti ai venditori e alzarsi più tardi.
La giornata non è fatta di 24 ore per i soci di Agribologna: fra mercato, campi, consegne, magazzino e qualche ora di letto, si arriva a sera, meglio dire a notte, senza accorgerti che il sole è tramontato o si è levato.
Paolo Roversi mi racconta tutto questo mentre mi accompagna sul camion nei campi dove si sta raccogliendo. E' il terreno che si è aggiunto nel tempo. Dai nove iniziali, ne acquisirono altri undici e poi altri dieci. Oggi sono una trentina gli ettari, alcuni vicini, contigui, altri più lontano. "Scarola e riccia, sembrano i nomignoli per due ragazze, una con i capelli dritti, leggermente
ondulati e l'altra riccioluta, con i capelli crespi".
E per certi versi la coltivazione ricorda un po' il trattamento che si potrebbe fare ai capelli, con un po' di fantasia, ma c'è una similitudine.
"Per prima cosa, mi fa vedere Paolo, il cespo di indivia, non appena è cresciuto, viene legato, uno ad uno, con un elastico fra la base e la prima parte del gambo. In questo modo il cespo cresce avvolto su sè stesso, le foglie si allungano, all'esterno rimangono verdi, ma non appena si toglie l'elastico, il cespo si apre e l'interno è chiarissimo, un giallo che degrada verso il verde. Una maraviglia".
Quando il cespo ha raggiunto la dimensione giusta, non un giorno prima e nemmeno un giorno dopo, viene raccolto.
Per fare questo il controllo è continuo nei giorni che possono precedere la raccolta, è un controllo manuale dei cespi, facendo attenzione all'elevata sensibilità che le indivie hanno nei confronti del tempo, del sole, dell'umidità, della temperatura.
"Questo vuol dire che devi controllare tutti i giorni i campi e raccogliere quelli già pronti. Un gran lavoro! Anche per questo la riccia e la scarola costano mediamente di più delle lattughe."
I cespi, aperti vengono messi in casse e portate in magazzino e lavate una ad una per togliere la terra e dar loro la lucentezza dei bellissimi colori che portano sui loro gambi. Come se fossero dei capelli che si sciolgono dopo averli tenuti stretti in una crocchia.
Una volta lavati e sgocciolati, i cespi vengono riposti nelle cassette verdi, per la GDO, e nere per il mercato. Il mattino seguente saranno nei negozi e con ogni probabilità, la sera o il giorno dopo, nelle insalate degli appassionati di questa verdura a foglia.
Sì perché la passione non è solo di chi la produce, ma anche di chi la mangia, preferendola alla lattuga gentilina o alla trocadero.
Non c'è solo la riccia e la scarola nelle colture di Paolo Roversi, ci sono le zucchine bolognesi, i pomodori e i radicchi, sia verdi primaverili/estivi, sia i misti invernali, la passione di Nadia, sua moglie, che ne cura personalmente il confezionamento e di cui ne è particolarmente orgogliosa.
In Paolo e Nadia Roversi, c'è infatti una grande attenzione alla qualità, a far sì che ciò che arriverà al consumatore, sia il meglio del risultato della loro fatica: lo si percepisce nei gesti, nello sguardo, nelle parole, nell'entusiasmo. D'altra parte la passione implica sacrificio, dedizione, ma anche trasporto, interesse vivo per il lavoro, e perché no, per il proprio successo professionale.
Come per i Roversi.