"Questo è il calesse che usava il nostro bisnonno quando andava al mercato di Bologna"il calesse è ancora lì, nella rimessa, oggi magazzino, pieno di melanzane appena raccolte. Oggetto della memoria della famiglia Calegari, saldamente ancorata alla tradizione contadina e alla loro storia che si perde negli anni del primo novecento.
"Questo calesse negli anni '30, ogni mattina, all'alba, veniva attaccato al cavallo e dai campi fra Bologna e la Ponticella, vicino a San Lazzaro di Savena, carico di ortaggi, si dirigeva verso il mercato ortofrutticolo che si trovava allora fra Via Pescherie Vecchie e Via Drapperie". Inizia così la storia di Alessandro ed Enrico Calegari, oggi agricoltori specializzati in ortaggi, soci del Consorzio Agribologna. I terreni erano al di qua del Savena, uno dei polmoni ortofrutticoli della città. Tutte le mattina gli ortolani della zona si dirigevano verso il mercato con il loro carico di cipolle, zucchine, lattughe, pomodori, aglio, prezzemolo, pesche e ogni altra varietà coltivata in quei campi.
La destinazione cambiò nel 1936 quando fu inaugurato il Nuovo Mercato Ortofrutticolo in Via Fioravanti. Al calesse fu sostituito il camioncino, ma i prodotti erano gli stessi, e questo continuò anche nel dopoguerra con il nonno e il padre dei fratelli Calegari.
Alessandro ha un vivo ricordo degli anni '50, quando, bambino, saliva sul camion alle 4 del mattino e accompagnava il padre al Mercato. "Era una festa, ti offrivano una pasta, un'aranciata, e poi le luci, la gente che vociava e andava e veniva con i prodotti, era come stare in un grande luna park".
Tutto cambiò negli anni '60, quando il Comune di Bologna, espropriò i terreni agricoli per costruire il Campo di Baseball Falchi e urbanizzare progressivamente tutta l'area. "Mio nonno e mio padre cercarono altri terreni e li trovarono vicino a Budrio, dove siamo oggi, acquistarono alcuni ettari di terra e ricominciarono a lavorare, sempre con gli ortaggi. Si faceva un po' di tutto, pomodori, melanzane, radicchi, aglio. Avevamo anche la frutta, pesche, prugne e ciliegie, l'uva per il vino, le mucche e le galline."
In quegli spostarsi anche solo di 20/30 chilometri era come emigrare. Lo spostamento per Alessandro ed Enrico fu una piccola rivoluzione delle loro abitudini. "Avevo 13 anni e mi sembrava di andare nel deserto, qui tutti si conoscevano, ma noi eravamo venuti "da fuori" e quando incontravo qualcuno mi chiedevano: ma tu, chi sei? da dove vieni?" Oggi tutto questo fa sorridere, i lavoranti dei Calegari, come di tutte le aziende contadine della zona sono rumeni, pakistani, siriani, africani, e una sana riflessione sullo stato delle cose si impone: "abbiamo 22 persone per la raccolta e la prima lavorazione, senza di loro non si andrebbe avanti" Quando negli anni '70 Alessandro ed Enrico hanno preso in mano l'azienda paterna.. "si lavorava soprattutto con le donne che avevano fatto esperienza nelle risaie (oggi scomparse), venivano da Budrio, da Granarolo, dai paesi verso il Ferrarese. Sparita questa generazione, sono spariti anche i lavoranti locali. D'estate c'erano gli studenti, oggi non c'è più nessuno che viene a chiedere di lavorare".
Enrico fu subito avviato all'agricoltura, studi di perito Agrario, mentre Alessandro fu indirizzato alle scuole tecniche, alle Aldini, perché volevano affrancarlo dalla vita contadina. In effetti si impiegò per qualche anno in un'azienda meccanica, poi dopo il ritiro del padre, Enrico gli chiese di tornare in campagna e continuare con lui l'impresa agricola.
La storia moderna dei Calegari inizia qui. Le prime serre, la specializzazione in alcune colture e l'abbandono di altre, l'ampliamento progressivo della superficie poderale fino agli oltre 20 ettari attuali. Imparare il mestiere è stato un tutt'uno con l'esperienza contadina:
"sapere è conoscere, guardare, osservare, correggere gli errori".
Attualmente producono pomodori, melanzane, zucchine, cetrioli, peperoni, radicchi sia in estate che in inverno. Coltivate in serra prevalentemente, con una forte propensione all'investimento all'innovazione agronomica, alla ricerca continua nel perseguire la qualità e l'eccellenza. Melanzane globose, per esempio, che ho visto raccogliere e poi meticolosamente allineare nelle cassette verdi per la GDO e nere per il mercato. Non sempre i ricavi hanno la capacità di soddisfare le esigenze e le ambizioni di guadagno, ma le tecniche colturali e la sapienza messa in campo dal Consorzio Agribologna, sempre vicino alla vita delle imprese associate, fornisce spinte e motivazioni per correggere il tiro e proseguire nell'attività.
Ma la storia non finisce qui, una nuova generazione è già "in produzione", i figli hanno già iniziato la loro avventura imprenditoriale, una serra iper tecnologica per i pomodori in coltura idroponica è già una splendida realtà di Barbara Calegari e il marchio Pellerossa una stimolante promessa per il mercato.